«BANCOMAT apripista per il fintech La Borsa? Nessuna strada è esclusa»
Intervista a Franco Dalla Sega - Presidente di BANCOMAT S.p.A.
«La diffusione capillare ci ha già reso strumento d' inclusione finanziaria» «Commissioni più care? È tutto da dimostrare: spetta valutare all' Antitrust»
«Tra il contante del passato e le criptovalute, che probabilmente rappresentano il futuro, c' è un mondo. In gran parte inesplorato e solo parzialmente valorizzato. È qui che BANCOMAT S.p.A. intende diventare sempre di più uno strumento di accompagnamento e di inclusione finanziaria».
Franco Dalla Sega, presidente della società leader in Italia nei pagamenti con carta di debito grazie a 2,5 miliardi di operazioni l’anno, intorno a un marchio così familiare al punto che per moltissimi equivale allo strumento, vede una vera e propria «sfida culturale», spiega in questa intervista a Il Sole 24 Ore. Ma vede anche «la via italiana d' accesso al fintech: oltre a offrire soluzioni d' avanguardia, siamo di proprietà di 125 banche e dunque interamente italiani».
Professor Dalla Sega, in ambito bancario l'innovazione viaggia a una velocità incredibile. BANCOMAT è il passato o il futuro?
L' uno e l’altro. Con i nostri quasi 40 anni di storia sulle spalle non siamo più giovani, è vero. Ma abbiamo una lunga storia ancora davanti a noi, perché la nostra struttura proprietaria ci rende uno dei pochi luoghi in cui si costruiscono strategie condivise in ambito fintech.
Insisto: le carte, di credito o di debito, non sono ormai superate?
In parte è vero, ma voglio ricordare che a BANCOMAT S.p.A. non fanno capo le carte, di proprietà di ogni singola banca o operatore che la emette, ma il circuito che le collega. Alla nostra società fa capo l’infrastruttura, materiale e immateriale, con tutte le sue infinite possibilità di sviluppo.
Siete quasi ostaggio del vostro marchio.
Per certi aspetti è vero, ma la parola "Bancomat" è così familiare anche nelle fasce di popolazione meno inclini al cambiamento da renderci un grande strumento di inclusione finanziaria.
Che cosa intende?
Rispetto a molti altri soggetti del fintech, noi possiamo partire da un'infrastruttura conosciuta, sicura e diffusa, di cui siamo pienamente titolari.
Da un paio d' anni ormai abbiamo iniziato gradualmente a far conoscere le potenzialità che vanno ben oltre a prelievi e pagamenti, con riscontri incoraggianti. È un primo segnale per dire che si può cambiare.
Qualche esempio?
Da due anni abbiamo lanciato il circuito BANCOMAT Pay per i pagamenti digitali, che nei prossimi mesi consentirà di accedere ai servizi di e-commerce anche a tutti coloro che non dispongono di una carta di credito. Poi abbiamo partnership con i principali colossi del tech, come Samsung, Huawei e altri ne arriveranno, e consentiamo ai nostri clienti di trasferirsi denaro semplicemente attraverso i cellulari. È con tutto questo che si può diffondere anche in Italia la cultura del fintech, che è decisiva vista l’età media elevata spesso concentrata in piccoli comuni ormai rimasti senza filiali bancarie.
Ma intanto, come rilevato da Il Sole 24 Ore e Plus24, avete segnalato all' Antitrust l’intenzione di alzare le commissioni sui prelievi e le altre operazioni sugli Atm, gli sportelli automatici.
Intanto tengo a sottolineare che è una proposta, nata dal confronto tra sensibilità diverse e ora al vaglio di un’autorità che dovrà esprimersi al riguardo. Ciò non toglie che prelevare costerà di più.
È tutto da dimostrare che alla fine ci sarà un inasprimento delle condizioni: tutto dipende dalle scelte che faranno le singole banche. Noi abbiamo ritenuto fosse l'ora di modificare un sistema tariffario un po' vetusto, secondo una logica industriale e certo non per tirare il collo ai nostri clienti.
Che futuro vede per gli sportelli automatici?
Sono una tappa importante del processo di innovazione dell’industria bancaria, cercheremo di dotarli di tutti i servizi che gli istituti ci chiedono.
Ma il futuro lo vedo oltre: non a caso ci stiamo predisponendo per consentire il ritiro di contante, e in prospettiva anche altre operazioni, presso esercizi commerciali.
Prima accennavamo alla vostra proprietà condivisa: ma davvero potrete tenere insieme così tante banche che per sopravvivere dovranno fari sempre più concorrenza, anzitutto in ambito tecnologico?
È il nostro auspicio. Non posso nascondere che al nostro interno il confronto è reale, talvolta acceso, ma finora abbiamo sempre trovato un punto di caduta condiviso e tutti i nostri soci hanno riconosciuto il nostro ruolo di diffusori di innovazione e di stabilizzatori dell’infrastruttura, su cui poi ogni banca offre cosa vuole al prezzo che ritiene. Le ricordo che l’ultimo aumento di capitale è stato sottoscritto praticamente da tutti.
Un vostro vicino di filiera, Nexi, si è quotato ed è al centro di un percorso di aggregazioni molto ambizioso. E voi?
BANCOMAT ha un valore difficile da rappresentare con metodologie ordinarie: il nostro patrimonio netto è di 28 milioni, ma siamo certi che il brand da solo vale un altro ordine di grandezza.
Quindi la Borsa è nei vostri piani?
Eravamo un consorzio, quattro anni fa siamo diventati un S.p.A. e come tale le strade possono essere tante.
Ora siamo concentrati a consolidare la nostra posizione sul mercato dei pagamenti, ma non posso escludere nessuna strada che non sia nella logica di impresa, compresa un’eventuale Ipo.
Professore, che ne pensa del Cashback di Stato?
Lo vedo come un mezzo per raggiungere le finalità di cui abbiamo discusso ovvero l’inclusione finanziaria e, in ultima analisi, il limite all' uso del contante che rappresenta un obiettivo del Governo appena insediato.