Intervista Il Sole 24 ore - Fabrizio Burlando «Vogliamo fare di Bancomat la moneta digitale degli italiani»
Parla il neo ad Burlando: «Il brand c’è ed è forte ma va rinfrescato»
«Il brand c’è ed è forte ma va rinfrescato: vogliamo fare di Bancomat la moneta digitale degli italiani, il prodotto che riassumerà tutte le modalità di pagamento e uso del denaro, dal prelievo agli Atm al pagamento sui Pos, dall’e-commerce al trasferimento di denaro tra privati fino al pagamento delle bollette». Fabrizio Burlando, classe 1974, è il nuovo Amministratore delegato di Bancomat, la società che da 40 anni gestisce uno dei circuiti di prelievo e pagamento più noti e diffusi in Italia, con circa 3 miliardi di operazioni gestite nel 2023 e circa 30 milioni di carte in circolazione nel nostro Paese. Ingegnere elettronico con un Mba all’ Insead e specializzazioni a Yale e alla Lse, Burlando vanta un’esperienza ventennale nel settore dei pagamenti digitali, maturata soprattutto negli ultimi 16 anni in Mastercard, dove ha ricoperto ruoli di crescente responsabilità a livello globale, focalizzandosi su piattaforme dati, servizi a valore aggiunto e supporto allo sviluppo di clienti banche e utenti di tutto il mondo.
A lui, da oggi – visto che ieri il nuovo cda lo ha nominato alla guida al posto dell’uscente Alessandro Zollo - spetta però un compito non banale: quello di riammodernare e rilanciare un brand conosciuto (ma appannato) come Bancomat, realtà storica, con oltre 100 banche associate, che deve fare i conti con le sfide di un mercato, quello dei pagamenti, in fortissima evoluzione, tra la sfida del big Tech e la competizione di altri operatori.
Per implementare questo progetto Fsi, il fondo guidato da Maurizio Tamagnini ha investito finora 75 milioni di euro (con la prospettiva di salire fino a 100 milioni), diventandone primo azionista con il 42,9 per cento. Accanto a Fsi, ci sono quattro banche (Intesa Sanpaolo, Iccrea Banca, Banco Bpm e Bper), sottoscrittrici con Fsi di un patto parasociale che controlla nel complesso il 74,7% del capitale di Bancomat. Le prospettive di crescita, spiega Burlando, ci sono. «L’Italia è un mercato estremamente interessante - spiega il manager al Sole 24Ore - Con 400 miliardi di euro di euro transati, il nostro Paese ha una penetrazione dei pagamenti digitali ancora molto bassa e ampi spazi di sviluppo: basti pensare che solo il 40% delle transazioni passa da strumenti elettronici contro l’80% dei Paesi nordici». Ma l’altro motivo che lo ha spinto ad accettare la sfida è prospettico. «I circuiti di pagamento sono oramai infrastrutture ritenute fondamentali dai singoli Paesi per le interconnessioni tra le banche, e assumono quindi un rilievo di natura strategica».
Quali saranno le direttrici di sviluppo, e i potenziali incastri con un mercato in forte trasformazione, lo si vedrà. Quello che però serve a Bancomat, come detto, è una svolta sul fronte dell’innovazione digitale. Il gruppo nelle scorse settimane ha scelto Nexi come partner strategico per la piattaforma di infrastruttura centralizzata (centro applicativo). «È un progetto che sposo completamente: consentirà l’utilizzo di un circuito di pagamento domestico in linea con i migliori standard, con costi contenuti e la possibilità di fornire una soluzione di qualità per farla diventare la moneta digitale degli italiani», sottolinea Burlando. Possibile che per imprimere un’accelerazione sul fronte digital la società guardi a operazioni di M&A?
«Abbiamo una discreta dotazione di capitale fresco a disposizione. Ciò quindi ci permetterà di realizzare operazioni in ambito Fintech, all’interno del perimetro italiano. Vogliamo acquisire competenze complementari alle nostre che ci aiutino a completare la nostra offerta». Ciò non esclude, d’altra parte, la possibilità di guardare all’estero, ma più «nell’ottica di partnership – dice il manager - Stiamo valutando le soluzioni più interessanti che aiutino ad aggregare vari brand in una logica di interoperabilità, come già accade con la Spagna e il Portogallo». Sullo sfondo resta il tema dell’assetto azionario: l’ingresso di Fsi è stato approvato dalla maggior parte delle oltre 100 banche azioniste, ma UniCredit, che ha partecipato all’ultima assemblea e che nel nuovo Cda esprime un consigliere di minoranza, non è entrata nel patto. Che cosa ne pensa? «Bancomat guarda a tutto il mercato – sottolinea Burlando – Molte banche credono al nostro progetto, altre hanno deciso di stare alla finestra, ma sono certo che ci sia lo spazio perché possano venire con noi. Il nostro è un piano che guarda a tutti».